C’è una cosa che la frana di Ischia dovrebbe insegnarci, ma certamente non lo farà. Il nostro territorio è fragile, e non si può pensare di abitare e costruire ovunque.

Questo vale a Ischia, in Liguria, nelle isole maggiori, in Calabria, in molte vallate alpine e appenniniche, in pratica nella stragrande maggioranza del territorio nazionale.

La natura ha delle sue regole ben precise. I fossati, anche se normalmente sono asciutti, nascono perché in determinate condizioni la grande quantità di acqua che si accumula in quota, per via delle precipitazioni, trova una via di sfogo dove scendere di quota per arrivare a valle. Se fosse possibile determinare esattamente la quantità d’acqua che può accumularsi in un territorio, sarebbe, in teoria, possibile progettare e realizzare canali alternativi dove far defluire l’acqua. Ma questo calcolo prevede sempre una quota di imprevedibilità tale da non poter mettere in sicurezza le infrastrutture che si realizzerebbero nelle zone di sfogo naturale delle acque.

Ovviamente questo discorso non vale solamente a Casamicciola, dove sabato il bilancio dell’inondazione ha portato a 12 i morti. Dall’inizio del secolo, in poco più di 20 anni sono state quasi 300 le vittime in una cinquantina di eventi che hanno riguardato la maggior parte delle regioni italiane.

Il problema è che, in Italia, il giorno dopo un evento calamitoso tutti quanti pontificano sulla necessità di cambiare strada, di non fare più gli stessi sbagli del passato, ma una volta che la tragedia cade nel dimenticatoio, tutti, per convenienza economica o politica, perseverano nelle scelte scellerate che sono state commesse troppe volte.

Letizia Rossi